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Come si “dovrebbe svolgere” la convalida farmaceutica

Come si “dovrebbe svolgere” la convalida farmaceutica

Nella convalida farmaceutica, a differenza del collaudo, se si verificano solo le parti degli equipment che possono influire sulla qualità del prodotto finale, come si fa a garantire di aver considerato tutto ciò che andava analizzato? In poche parole, se in una qualifica (che è parte del processo di convalida) si fanno meno test di quelli previsti in un collaudo, non esiste il rischio di omettere delle verifiche importanti? Ne parliamo con Fabio Farneti, titolare di Spai Srl, azienda che da oltre vent’anni si occupa di convalida, manutenzione assistita, gestione dell’informazione tecnica, consulenza e formazione.

“Il fatto che un collaudo preveda di norma più test di una qualifica non significa necessariamente che queste verifiche (in fase di collaudo) siano quelle che servano realmente, perché gli scopi della convalida e del collaudo sono differenti. Il collaudo spetta al costruttore e precede la consegna della macchina. In generale per chi produce un equipment la preoccupazione principale sta nel verificare che le performance produttive rispecchino le richieste del cliente”.

Come si possono selezionare le verifiche da svolgere nella convalida?

“La convalida, che deve essere fatta dall’utilizzatore dell’equipment, deve dimostrare che il processo produttivo, di fabbricazione, confezionamento e/o distribuzione del prodotto assicuri la salvaguardia del paziente finale e l’integrità dei dati critici registrati durante il processo. Nella convalida, tuttavia, non ci si può limitare a considerare solo l’ultima parte del processo di convalida. L’attività di convalida, oltre alla qualifica, prevede altre fasi molto importanti”.

Qual è il giusto iter da seguire per la convalida farmaceutica?

“Partiamo dalla URS. La User Requirement Specification (URS) è un documento redatto dalla casa farmaceutica e che ha un duplice scopo. Il primo è quello di fornire un capitolato d’acquisto del nuovo equipment, per poter effettuare la selezione del fornitore. Ma il suo uso non si esaurisce qui, al suo interno devono essere presenti i punti critici GMP (Good Manufacturing Practice, buone pratiche di fabbricazione) che dovranno poi essere considerati nella convalida. Quindi l’utilizzatore (l’azienda farmaceutica) deve preventivamente effettuare una valutazione dell’impatto GMP. Va tenuto conto che ogni modifica o implementazione alla prima installazione dovrà essere valutata in modo da verificare se effettivamente richiede una nuova convalida”.

Quindi è dalla URS che nasce la selezione delle verifiche corrette?

“In parte. La sezione GMP delle URS è il primo punto di partenza, ma da sola non sarebbe sufficiente. Nelle URS dovrebbero essere elencati sia i punti critici sia i difetti che l’utilizzatore vorrebbe evitare nei propri prodotti, ma non le soluzioni tecniche adottate per ridurre il rischio di tali difetti”.

Potrebbe farci un esempio?

“Se considerassimo l’acquisto di un’astucciatrice, una serie di difetti che vorremmo evitare potrebbero essere, ad esempio: impiego dell’astuccio corretto, impiego del prospetto corretto, presenza del prospetto all’interno dell’astuccio, completezza del prodotto all’interno dell’astuccio, corretta chiusura dell’astuccio. Queste sicurezze dovranno essere considerate solo durante le fasi di confezionamento produttive e non durante le fasi di: settaggio della macchina, di pulizia e manutenzione. I prodotti non conformi e che, per malfunzionamento dell’equipment, non potrebbero essere garantiti nella loro conformità, dovranno essere scartati automaticamente. In questo esempio abbiamo fornito una lista dei punti critici GMP, le condizioni nelle quali devono essere analizzati e addirittura un suggerimento tecnico però, come è giusto che sia, non sono stati dati dettagli tecnici su come evitare che questi difetti accadono. È compito del fornitore trovare soluzioni tecniche su come l’equipment gestirà queste situazioni”.

Se l’utilizzatore fosse in possesso di una buona esperienza non potrebbe suggerire soluzioni?

“Si, ma il rischio è di sedimentarsi su soluzioni ormai superate. La tecnologia è in continua evoluzione e le soluzioni del passato non è detto che rimangano performanti col passare del tempo. È bene lasciare fare il proprio mestiere a chi ne ha la competenza, produrre il farmaco all’utilizzatore e costruire macchine al fornitore. Inoltre, il fornitore ha sicuramente una conoscenza migliore del proprio sistema, infatti da qui nasce la DQ”.

Cos’è la DQ?

“La Design Qualification (DQ) è la verifica della fase progettuale. Questa fase è la più ‘nuova’ e la meno compresa, ed è proprio da qui che si identificano le reali verifiche da effettuare”.

Perché è la fase meno compresa?

“Le fasi di IQ (Installation Qualification), OQ (Operational Qualification) e PQ (Performance Qualification) normalmente vengono gestite con la realizzazione di un documento per fase e un’attività in campo dove si testa l’equipment mediante le procedure descritte sui documenti, per la qualifica del progetto questo non vale. La qualifica del progetto dovrebbe dimostrare che il fornitore ha compreso i punti GMP presenti nelle URS, ha analizzato il proprio sistema individuando le parti di esso che contribuiscono a evitare i difetti GMP, ha fornito una valutazione del rischio residuo per ogni difetto con le soluzioni adottate e infine ha dettagliato con precisione tali soluzioni. Come si può ben capire non si tratta solo di un documento che riporta procedure di qualifica”.

Quindi come si dovrebbe gestire questa fase?

“Per prima cosa il fornitore dovrebbe analizzare il proprio equipment andando a ricercare quali sono le parti che concorrono ad evitare i difetti GMP. Per ogni parte ne dovrebbe valutare l’efficacia fornendo una valutazione del rischio. Questa valutazione avviene mediante il documento di Analisi dei Rischi GMP. Parallelamente andrebbero scritte in modo dettagliato le soluzioni adottate, normalmente raccolte nei documenti di specifica. Esistono diversi documenti di specifica che si possono impiegare in base alla complessità del sistema. Inoltre, l’evidenza documentata dei legami tra URS, analisi dei rischi e documenti di specifica dovrebbe avvenire tramite la Traceability Matrices (TM), ovvero una tabella dove si collega la specifica decritta con la fase di qualifica del progetto dove verrà testata. Questi quattro documenti andrebbero inviati all’utilizzatore per loro verifica e approvazione, considerando preventivamente le fasi di revisione del progetto. Per la TM si potrebbero addirittura ipotizzare più fasi di avanzamento, una per ogni fase di evoluzione, andando a riempire solo le parti relative alla fase, ad esempio la colonna delle URS per dimostrare la comprensione dei punti critici GMP, poi la colonna delle specifiche per fare vedere come si intende trattare il problema e così via, in pratica diventa un documento molto vivo e discusso in corso d’opera”.

Se capisco bene, ogni punto della matrice diventerà un elemento da qualificare?

“Esatto, è così che dovrebbero essere selezionate, identificate e motivate le verifiche. Le risposte giuste nascono dalle domande giuste. Se si vuole essere sicuri di aver verificato tutto ciò che andava verificato è necessario avere ben chiaro il perché si verifica. Il processo di convalida dovrebbe servire proprio a questo”.

Ho notato che nelle sue risposte ha utilizzato spesso il “si dovrebbe”. Esistono altre strade o ci sono altre ragioni?

“No, la strada corretta è questa non esistono altre strade! Ahimè, però la teoria è assai lontana dalla pratica, ma questa è tutta un’altra storia…”.

come si dovrebbe svolgere la convalida farmaceutica

Photo by Simone van der Koelen on Unsplash