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Vaccino contro il COVID, perché in Gran Bretagna sì e in Europa ancora no?

Vaccino contro il COVID, perché in Gran Bretagna sì e in Europa ancora no?

Sono di questi giorni le immagini dei primi cittadini che hanno ricevuto il vaccino Pfizer contro il COVID-19. Si tratta di due britannici (una donna nord irlandese e un uomo inglese), che aprono così quella che sarà la più grande campagna di vaccinazione di sempre sul suolo britannico. Ma perché nel resto d’Europa ancora non si è cominciato a distribuire e somministrare il vaccino?

Innanzitutto gli enti che devono dare il via libera alla somministrazione del vaccino sono diversi tra Gran Bretagna (Mhra – Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari) ed Europa (Ema – Agenzia Europea per i farmaci). In Gran Bretagna l’Ema ha utilizzato una procedura autorizzativa d’emergenza e rilasciato un’autorizzazione temporanea, che non prevede l’uso commerciale del farmaco. In poche parole si autorizza l’uso del lotto sperimentale allargandolo alla popolazione generale. In Europa, invece, si valuta il controllo su tutto il potenziale piano produttivo. E’ singolare, poi, pensare che la sede dell’Ema, prima della Brexit, fosse proprio a Londra.

L’autorizzazione d’emergenza temporanea (sfruttata in Gran Bretagna) consente ad alcuni paesi di fornire e utilizzare un medicinale non autorizzato (o un medicinale autorizzato in un’indicazione non approvata) in alcuni casi specifici di emergenze sanitarie pubbliche, il COVID-19 lo è, ovviamente. In pratica, come ha spiegato anche Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Ema, gli inglesi hanno cominciato subito prendendosi un minimo rischio, vaccineranno un piccolo numero di persone da qui a fine anno sapendo che intanto, entro quel periodo, arriverà il lavoro di controllo e analisi fatto da Ema. Un passo in avanti, quello inglese, per poter dire di essere i primi e che, senza la burocrazia dell’Unione Europea, si agisce più velocemente.

Ma è meglio arrivare primi o garantire con certezza le regole? 

“Ho già spiegato come, per arrivare a questo vaccino si siano bruciate le tappe rispetto ai tempi standard per la produzione di farmaci – spiega Fabio Farneti, CEO Spai Srl -. E’ chiaro che questa pandemia ha costretto tutto il mondo e tutte le più importanti aziende farmaceutiche a lavorare in tempi stretti per trovare il vaccino. A mio parere le procedure di qualità non conoscono scorciatoie e spero che le GMP (Good Manufactoring Practice) verranno rigorosamente eseguite”.

Le aziende farmaceutiche non coinvolte nella produzione del vaccino come stanno vivendo questo momento?

“Questa è un’altra situazione paradossale causata dalla pandemia e nessuno ne parla. Proprio in questi giorni ero nella sede di un’importante casa farmaceutica e mi raccontavano come, viste le restrizioni imposte dai governi per tutelarci dal COVID, i classici malanni di stagione siano in picchiata. Influenza, raffreddore, tosse, mal di gola… nessuno si ammala più. Stando in casa, limitando al minimo i contatti, queste patologie sono in picchiata, pertanto i produttori di quei medicinali come aspirine, tachipirine, sciroppi… in verità stanno soffrendo questa situazione. Un altro effetto di questo maledetto virus”.

 

Foto di fernando zhiminaicela da Pixabay