E’ trascorso un anno e mezzo dall’ultima puntata del mio diario di bordo ed è giunto il momento di tornare a scrivere. Il diario di bordo è nato durante la pandemia da COVID-19, con l’idea di capire dove, questo inatteso e incredibile evento, potesse portarci, nel breve e lungo periodo. L’ultima puntata l’avevo proprio intitolata “Un anno incredibilmente impensabile”, era il 23 dicembre 2020 e scrivevo queste parole: nel frattempo la crisalide si sta per trasforma in una farfalla. Con le ferie natalizie ci sarà il passaggio dei server in data center e la stesura della modifica di contratto per lo smart working in pianta stabile. Con questo avremo chiuso il cerchio.
A distanza di sei mesi posso confermare che la farfalla è in volo, e vola alta e sicura. La cosa che mi colpisce, in questi giorni, è leggere di un Elon Musk, per molti di noi uno dei più illuminati imprenditori di questa epoca, che richiama in azienda i dipendenti Tesla e SpaceX assegnati allo smart working.
“Tutti quelli che intendono lavorare da remoto”, ha scritto il miliardario nella lettera inviata ai dipendenti, “devono essere in ufficio per un minimo (e sottolineo ‘un minimo’) di 40 ore a settimana, oppure devono lasciare Tesla. Se ci sono collaboratori con esigenze straordinarie per cui questo non sarà possibile, giudicherò e approverò direttamente io ogni singolo caso”.
Una decisione, quella di Musk, che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, proprio mentre noi di Spai stiamo constatando come lo smart working, se organizzato nella maniera giusta, può essere assolutamente produttivo come e più del lavoro in sede, con tanti aspetti positivi sulla qualità della vita di tutti noi.
Abbiamo avuto qualche tentennamento iniziale ma adesso le cose girano nel modo giusto, e mi piacerebbe dire a Elon Musk e a tutti quegli imprenditori che stanno richiamando i lavoratori in azienda, che se lo smart working non funziona non è colpa dei dipendenti, ma il problema risiede nell’incapacità di coordinare le risorse attraverso un semplice sistema di tempi/obiettivi.
Certo, lo smart working non si può applicare a tutti gli ambiti, ma per determinate attività ritengo sia il futuro. Quando penso alla fase attuale, con la chiusura di una delle nostre due sedi e l’altra, quella principale, quasi sempre vuota, a parte qualche mia sporadica presenza, mi piace dire che l’investimento più grande che stiamo facendo è proprio quello sulle nuove sedi. Sembra un paradosso parlare di nuove sedi mentre ne abbiamo chiusa una e presto abbandoneremo l’altra, e invece è proprio così, abbiamo investito in una trentina di nuove sedi di lavoro: le nostre abitazioni. Così ho chiesto ai miei collaboratori di inviarmi una foto di loro mentre lavorano nella nuova postazione: nello studio, in soggiorno, in terrazza, in giardino, vista mare, vista monti… Caro Elon Musk, ciò che conta è raggiungere l’obiettivo nel tempo prestabilito, il resto è qualità della vita.
Fabio Giovanni Farneti